Capitolo 15
EPOV
Guidai come un automa fino a casa.
Le luci dell’alba coloravano d’argento la città che si stava svegliando a poco a poco.
Entrai in casa e trovai Tanya ad aspettarmi.
“Potevi almeno avvisarmi…”
“Scusa ….”
“Lo sai che da quando …. Lo sai che non mi piace non sapere dove sei… ho avuto paura….non farlo più… non posso perdere anche te.”
Sospirai.
“Non succederà più te lo prometto….”
Si avvicinò lenta. Mi prese la giacca.
“Vuoi che andiamo a letto … sarai stanco … posso farti un massaggio …”
“Grazie … ma … ho bisogno di riposare….Mi faccio una doccia e mi metto giù per un paio d’ore….”
La lasciai lì, non le diedi nemmeno il tempo di rispondermi.
Tre ore dopo ero in ufficio.
Isabella al suo posto.
Si vedeva che aveva pianto.
Ci salutammo con un debole sorriso.
E ci mettemmo a lavorare.
Ognuno nel proprio spazio. Lontani. Cercando di evitare un qualunque inutile doloroso contatto.
Jacob la venne a prendere per il pranzo.
Potevo vedere nel suo sguardo l’interesse che aveva per lei. Nei suoi gesti. Nel suo modo di muoversi intorno a lei. Tentando costantemente di avere un contatto con qualunque parte del suo corpo.
Di quel corpo che conoscevo centimetro per centimetro.
A lui era permesso.
A me era vietato.
Io non mangiai. Lavorai senza tregua. L’unico rimedio ad ogni mio momento di difficoltà era stato, in passato, quello di lavorare fino ad annientarmi. E così facevo ora. E così avrei fatto nei giorni a venire.
I giorni passarono lenti, tutti uguali.
Un cortese saluto al mattino e alla sera.
Pochi sporadici contatti durante la giornata su questioni formali, lavorative.
Lei con Jacob, io con Tanya.
Arrivai a venerdì e la avvisai che i piani erano cambiati.
Non sarebbe più venuta con me a Los Angeles.
Lo sapeva già. Aveva sentito Tanya parlarne la sera prima.
Sapeva che sarei andato con lei.
Potevo leggerle negli occhi il dolore e la delusione. Il tradimento.
Ma come avrei potuto sapere di averla vicina per 48 ore e continuare ad ignorarla?
Come poteva non capire che lo facevo anche per lei?
Che era una tortura sufficiente passare a qualche metro da lei 8 ore filate senza poterla toccare, baciare, parlare come avrei voluto.
Alle 17.00 sentii che si preparava ad andarsene. Jacob era venuto a prenderla. Di nuovo. Stavano organizzando qualcosa per la serata. Un uscita insieme.
Una fitta lancinante attraversò il mio petto.
Sembrava contenta di uscire con lui. Forse stava iniziando a dimenticare
Avrei voluto alzarmi dalla mia sedia, trascinarla per i capelli nel mio ufficio e farle comprendere che non sarebbe stato possibile per noi dimenticare.
Ma non lo feci.
Uscii sbattendo la porta, senza nemmeno salutare.
Anche io e Tanya la sera avevamo un impegno. Una cena con i francesi. Dopocena al Club, festa privata in un privè.
Arrivammo che era già mezzanotte passata.
Il mio umore era nero.
Non avevo nessuna voglia di stare tra la gente.
Non avevo nessuna voglia di ritornare in quel locale dove tutto era iniziato.
Entrammo.
Passai lungo il corridoio. Quel corridoio. Il solo vederlo mi fece star male.
Attraversammo la sala e salimmo al piano sopraelevato. Una sala con vetrata che dava sul locale. Vetri oscurati ovviamente. Noi potevamo vedere loro, loro non potevano vedere noi.
Mi versai un whisky.
Tanya chiacchierava, i francesi pendevano dalle sue belle labbra.
Io come un automa sorridevo, annuivo, mettevo qualche parola qua e là.
Mi versai un altro whisky e andai alla vetrata.
Tanya era scesa a ballare, e con lei i nostri ospiti.
Mi ritrovai solo.
Un brivido passò lungo la mia schiena.
E la sentii.
Sentii che era anche lei dentro il locale.
Il mio corpo entrava in allerta in sua presenza.
Iniziai a passare freneticamente ogni volto e ogni corpo di donna in rassegna.
Finchè la vidi.
Ballava. In quel suo modo provocante. In un vestito indecente. Jacob vicino a lei sorrideva, la abbracciava, le sussurrava parole all’orecchio.
Presi il telefono.
“Black?”
“Buonasera Cullen….”
“Un emergenza. Mi ascolti. Deve recarsi immediatamente in ufficio. Ho bisogno del folder “Cain” pronto per domani mattina alle 6.00. Mi dispiace ma è molto urgente. Conto su di lei. Provveda immediatamente.”
Riattaccai
Lo vidi diventare livido, agitarsi, dire parole che per sua fortuna non riuscivo a comprendere.
Ero uno stronzo.
Ma non avrei tollerato un secondo di più di quella agonia.
Se ne sarebbero andati. Non avrei dovuto vederli ancora. E quantomeno non se la sarebbe potuta portare a casa.
Con mio piacere indicibile se ne andò da solo.
Isabella era ancora lì. E questa era un cosa buona.
Ed io cominciavo a sentirmi leggermente confuso dall'alcol. E questa, invece, non era affatto una cosa buona.
Tanya rientrò nel privè. Era stanca. Mi chiese di andare a casa. Le dissi di prendere un taxi. L’avrei raggiunta di lì a poco.
Sapevo che stavo per cedere. Avrei voluto che insistesse, che mi creasse problemi. Invece sorrise, mi baciò e se ne andò.
Dopo qualche minuto scesi in pista.
Lei era ancora lì.
Le andai dietro.
Le presi i fianchi tra le mani. Iniziai a ballare con lei.
Abbassai il mio viso vicino al suo.
Mi appoggiai al suo corpo.
Dopo giorni di agonia, tornai in vita.
Tornai a respirare.
Tutto mi sembrò chiaro.
Come potevo starle lontano?
Sarebbe stato come chiedere alla Terra di smettere di girare intorno al sole.
Sarebbe stato come chiedere alla Luna di smettere di attrarre il mare.
Isabella … il mio sole … la mia Luna… la mia Terra … il mio mare.
“Lo senti cosa mi fai?” le dissi spingendo contro di lei.
“Oh Dio ….” Sospirò.
“Ci sto provando .. credimi ….ma tu …rendi le cose estremamente difficili…. Come cazzo ti sei vestita?”
Le mie mani scesero lungo i suoi fianchi, fino all’orlo del vestito cortissimo. Il mio corpo aderente al suo. Volevo che sentisse la mia erezione.
“Lo fai apposta vero?“
".... cosa?"
"Vuoi dimenticare .. vuoi dimenticarmi con lui, vero? ti ho vista....."
“No ….”
“No … infatti. Perché lui non saprebbe come gestire un corpo come il tuo….Isabella …non saprebbe come farlo … non sarebbe in grado di farti questo soltanto standoti vicino come ti sto io ora.”
Il mio braccio si infilò tra la sua schiena e il mio bacino e la mia mano le passò sotto l’abito.
Senza ripensamenti né esitazioni, in mezzo ad una pista gremita di gente le passai una mano sopra il suo sesso coperto da un sottile strato di tessuto. Mutandine brasiliaane. Oh Dio…. Fu così facile. In un secondo due dita erano dentro di lei.
“Lo senti come sei bagnata, Isabella? Lo senti quanto sono duro?”
Le gambe le cedettero, ma io la tenni in piedi contro di me con l’altro braccio stretto intorno alla sua vita sottile.
La musica batteva ad un volume altissimo. Le luci erano flash che illuminavano il suo volto perso nelle sensazioni che le mie dita le stavano dando. Iniziai a farle scorrere lente e lascive, poi aumentai il ritmo.
Lei lasciò andare la sua testa contro il mio petto. Gli occhi chiusi. La bocca semi aperta.
“Ho voglia di scoparti fino a farti svenire, fino a farti dimenticare chi sei. Fino a dimenticare chi sono. Ho voglia di scoparti ora… Isabella …”
La parte oscura di me, quella che ultimamente aveva preso costantemente il sopravvento, era riemersa con prepotenza.
“Edward … no ... ti prego...”
“Invece ti farai scopare ... lo sai vero Isabella … è inevitabile … ti farai scopare qui… in questo fottuto posto … con tutta questa fottuta gente … e amerai ogni fottuto minuto in cui il mio cazzo sarà dentro di te.”
“Oh Dio … Dio … Dio … “
“Ti sono mancato Isabella?”
“Oh Dio ….”
“Rispondimi”
“ ….. Sì … sì ….. “
“Vuoi vedere quanto mi sei mancata tu?”
Sentivo solo più i suoi gemiti soffocati, sommessi.
Stava per venire. Eravamo in mezzo alla folla e lei stava per venire. Mi sentivo inebriato e potente. Non riuscivo a fermarmi.
“Vieni da brava … e poi … ti farò vedere e sentire quanto mi sei mancata.”
Continuai a pompare, finchè il suo orgasmo divenne ineluttabile e le sue gambe cedettero del tutto.
“Brava piccola … vedi Isabella … ho pensato… non me ne frega un cazzo che sia giusto o sbagliato …io ti voglio e ti voglio ora … domani ci penseremo. Ma ora non me ne frega davvero un cazzo di Tanya di Jake … o dei fottuti problemi che mi impediscono di reclamare ciò che sento mio …”
“Edward … ti prego, lasciami andare”
“Non posso ….. vorrei … ma non posso… Non ora … non adesso …. Magari domani… ma ora no … ti prego vieni con me….”
La presi per mano e la trascinai di peso dietro di me.
Salimmo nel privè.
Nessun commento:
Posta un commento