CAPITOLO 16
BPOV
Sentivo la stretta decisa della sua mano…. meravigliosa…. Quella mano che riusciva a darmi piacere come nessuna… quella mano che aveva fatto in modo che la mia non bastasse più.
Il cuore mi stava uscendo dal petto, ero in un turbine di emozioni contrastanti, voglia, passione, bisogno, paura.
Mi ritrovai in un privè del piano superiore del locale.
Mi avvicinai alla grande vetrata scura che sovrastava la pista da ballo.
Guardai giù e capii.
Mi aveva vista.
Mi aveva vista ballare con Jake.
Mi aveva vista ed era impazzito dalla gelosia, tanto da mandare via Jake con una scusa patetica.
Sentii alle mie spalle la porta chiudersi a chiave.
Mi girai lentamente.
Quello che vedevo ora davanti a me era un uomo completamente preso dai sensi.
Il suo sguardo scuro e predatore. Fuoco liquido.
Il suo corpo teso come per studiare l’attacco.
La bocca leggermente aperta esalare respiri profondi.
Quello che vedevo non era lo stesso uomo che mi aveva amato davanti al mio camino.
Io amavo quell’uomo.
Quello che vedevo era l’altro uomo che mi scopava a dei livelli da rendermi schiava per sempre.
Io amavo l’altro uomo.
“Edward…. che vuoi fare…”
Si avvicinò lento senza mai interrompere il contatto con i miei occhi.
“Ti voglio Isabella, adesso.”
La sua voce profonda e ferale.
Il mio respiro accelerato. Stavo perdendo il controllo.
Sentii le sue mani forti, larghe, accarezzare le mie braccia, la mia schiena, i miei fianchi.
Che reclamavano possesso.
Ogni carezza fuoco sulle mia pelle.
Le sue labbra si muovevano sul mio collo, sotto il mio orecchio, il suo respiro caldo mi invadeva, mi accendeva.
Mi stava scopando l’orecchio con la lingua… Dio….
“Isabella… mi fai impazzire… la tua pelle… il tuo odore…. senti…. senti cosa mi fai…”
Premeva la sua asta lunga e turgida sul mio osso pubico. Era così dura che mi faceva male.
Avevo gli occhi serrati. Stavo perdendo una lotta faticosissima.
Continuava il suo assalto tra respiri, parole, labbra, lingua, e il suo bacino che sfregava contro il mio.
Lo volevo. Lo volevo come non mai.
Ma non potevo… non potevo… non volevo soffrire più così. Non sarebbe cambiato niente. Lui sarebbe sempre stato il marito di Tanya. La nostra sarebbe sempre stata una relazione dettata da focosi incontri e nient’altro.
Ma in fondo forse era meglio di niente, era meglio che stare lontana da lui, una lontananza che stava diventando un’agonia. Forse avrei dovuto prendere quello che mi offriva.
Si… no…
No, troppo dolore. La consapevolezza che lui non poteva essere completamente mio mi avrebbe consumata lentamente, e di me non sarebbe rimasta che un’ombra.
“Edward… no…”
Continuavo a tenere gli occhi chiusi, se li avessi aperti sarebbe stata la fine.
Sentivo il suo respiro profondo sulla mia spalla. Non mi stava baciando più.
Riaprii gli occhi.
Si voltò per guardarmi.
Dolore.
Fuoco.
Agonia.
Consapevolezza.
Vedevo tutte quelle emozioni rincorrersi nelle sue iridi.
Sentivo tutte quelle emozioni specchiarsi nelle mie.
“Isabella…”
Serrai gli occhi. Era troppo per me.
Mi scostai da lui e senza guardarlo, mi diressi a passo deciso verso la porta.
La fatica di quei passi, intollerabile.
Aprii la porta, esitai un istante, e la infilai, richiudendomela alle spalle silenziosamente.
Cosa avevo fatto? Cosa avevo fatto?
Ero morta, morta morta morta morta!!!
Respiravo a fatica.
Un dolore acuto mi stava lacerando dall’interno.
Avanzai lungo il corridoio, senza sapere dov’ero, dove stavo andando, chi ero.
“AAAAAARRRGH!!!”
Sentii un urlo feroce che non aveva nulla di umano. Un colpo sulla porta che fece rimbombare l’intero piano.
“Edward…”
Dovevo correre. Dovevo correre da lui.
Corsi via, invece.
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